«Ridurre l’Iva dal 22% al 10% sulle ostriche è un intervento necessario per allineare il prelievo fiscale a quello dei nostri principali concorrenti d’oltralpe. Si tratta di un segmento dell’acquacoltura italiana in forte crescita e che sta offrendo al mercato non solo nazionale prodotti di eccellente qualità capaci di valorizzare la gastronomia italiana rilanciando i territori dove vengono prodotte con una forte spinta all’innovazione».
Lo dichiara l’Alleanza Cooperative Pesca dell’Emilia-Romagna in riferimento al dibattito in corso a livello parlamentare sulla Legge di Stabilità.
«I più recenti dati sulle produzioni dell’acquacoltura nazionale (Eurostat) evidenziano come il trend di allevamento dell’ostrica nei mari italiani sia in costante crescita, con un dato medio di produzione nel triennio antecedente alla crisi sanitaria da Covid-19 pari a circa 170 t/anno, grazie ai nuovi investimenti nel settore e alla diversificazione in atto presso gli impianti già esistenti. Ad oggi – continua l’Alleanza Cooperative Pesca dell’Emilia-Romagna - si segnalano nuove realtà produttive nelle regioni Lazio, Sardegna, Liguria e lungo tutto l’Adriatico. La crescente disponibilità di ostriche di allevamento, sia nazionali che di provenienza estera, principalmente Francia, ha come diretta conseguenza un significativo abbassamento dei costi di produzione e vendita dell’ostrica, come registrato dai dati EUROSTAT, che per l’Italia ha fatto registrare un val max di 5-6 €/kg, e dall’Osservatorio Europeo del Mercato della Pesca e dell’acquacoltura (Eumofa 2017) che riporta i valori per Stato membro produttore, quali la Francia (5,07 €/kg), il Regno Unito (3,21€/kg), la Spagna (4,01 €/kg), ecc».
«È del tutto evidente – continua l’Alleanza Cooperative Pesca dell’Emilia-Romagna – che sulla base di quanto sopra riportato, dati ufficiali dell’UE, immaginare l’ostrica come prodotto elitario e quindi di lusso, rappresenta da un lato un vecchio retaggio culturale e dall’altro un’informazione falsata e poco aderente all’attuale stato dei fatti.
Anche nel recente Piano Strategico Nazionale per l’acquacoltura, redatto dal Mipaaf, l’ostricoltura viene considerata come settore da incentivare, sia ai fini della diversificazione delle produzioni che per il potenziare mercato di interesse che vede protagonisti l’ampia platea dei consumatori”.
Per tali considerazioni – conclude la nota - si ritiene anacronistica ed elemento di contrasto alla crescita del settore il mantenimento dell’IVA al 22%; trattandosi di prodotto di sempre più ampio consumo, allevato in Italia e con prezzi commerciali al pari se non più bassi di altre produzioni del settore ittico, e pertanto si richiede di portare l’IVA delle ostriche al 10%. Si stima che il mancato introito derivante dalla riduzione dell’IVA per le ostriche (circa -200.000 €/anno) sarebbe compensato dall’aumento della produzione e del mercato nazionale, grazie proprio alla misura adottata».
Laura Viviani