Cooperazione Trentina: "Intelligenza artificiale, bene comune"

Cooperazione Trentina: "Intelligenza artificiale, bene comune"

venerdì 23 febbraio 2024

L'incontro organizzato dalla Federazione per analizzare le opportunità di uno sviluppo governato, e consapevole, dell'AI

Cooperazione Trentina: "Intelligenza artificiale, bene comune"

Con il contributo di tutti sarà possibile non solo evitare di subire passivamente gli effetti dell’intelligenza artificiale nelle nostre vite, ma arrivare a governarne lo sviluppo, in modo consapevole, affinché possa essere uno strumento al servizio dell’umano.

Se ne è parlato ieri in occasione dell’evento “Intelligenza artificiale, bene comune” organizzato dalla Federazione Trentina della Cooperazione con il patrocinio di Fbk.

«L’intelligenza artificiale fa già parte della nostra vita di tutti i giorni, a più livelli, anche se a volte neanche ce ne accorgiamo – ha sottolineato il direttore generale della Federazione Alessandro Ceschi aprendo la serata –. Interrogarsi su come gestire questi strumenti, come diventare realmente protagonisti di questo sviluppo, è una sfida a cui non possiamo sottrarci. La Federazione ha scelto di impegnarsi in un percorso, di riflessione e formazione, per affrontare il tema in modo analitico, razionale e pragmatico. L’obiettivo è anticipare il cambiamento, guidarlo, in modo che possa essere il più inclusivo ed equo possibile».

A dare forza a queste parole, i contributi degli esperti che, guidati dalla giornalista del quotidiano Il T Marika Damaggio, hanno affrontato il tema da diversi punti di vista, ponendo l’accento sia sulle opportunità che sui rischi. A cominciare da Carlo Mancosu, professionista con oltre 15 anni di esperienza nel campo della comunicazione e del marketing digitale, specializzato in fintech, intelligenza artificiale e sistemi distribuiti, che ha proposto un excursus storico dello sviluppo dei sistemi che hanno portato alla nascita dell’AI. Quella presentata da Mancosu è una sorta di rivoluzione, che nel giro di un tempo relativamente breve ha trasformato completamente il modo di concepire le cose, mettendo al centro le connessioni. «È un fenomeno – ha commentato – che sta assumendo dimensioni incredibili, anche a livello economico».

E forse uno dei rischi maggiori connessi a questo fenomeno è proprio la difficoltà di comprenderlo pienamente in tutte le sue sfaccettature. A cominciare dagli aspetti più tecnici, introdotti da Cecilia Pasquini, ricercatrice Fbk dell’unità Security & Trust, che ha spiegato in modo semplice il significato e la tecnologia alla base di questo tipo di strumenti, offrendo una serie di definizioni che hanno permesso di cogliere la varietà di ambiti e utilizzi. Pasquini ha offerto un quadro chiaro anche delle realtà impegnate nello sviluppo dell'AI. «Innanzitutto – ha spiegato – c’è un’intensa attività di ricerca scientifica, a cui si aggiunge il coinvolgimento delle aziende nella ricerca e crescenti investimenti privati».

Gli ambiti di sviluppo e utilizzo sono ampi e, in molti casi, a supporto delle persone, ma è importante tenere sempre presente le implicazioni connesse. «Dobbiamo avere ben chiaro che non è un sistema in equilibrio – ha ricordato Michele Kettmajer, membro del comitato scientifico per l'Educazione e l'Intelligenza Artificiale dell'Università Pontificia di Scienze dell'Educazione e CEO di centri di ricerca sul digitale –. Non è in equilibrio dal punto di vista del controllo, con poco più di cinque aziende che ne detengono il potere. Non è in equilibrio dal punto di vista ambientale, considerando che attualmente per rispondere a 20 domande con l’AI serve circa mezza bottiglia d’acqua potabile. Una risorsa vitale utilizzata per raffreddare i server. E anche da un punto di vista sociale le sfide sono molte». Nessuna demonizzazione, ma una conoscenza fondamentale per poter affrontare il cambiamento in atto e guidarlo verso una direzione maggiormente sostenibile.

La tentazione, da evitare, è quella di interpretare questa nuova realtà con un approccio dualistico, che contrappone un orizzonte distopico apocalittico a una visione salvifica della tecnologia. «Possiamo approcciarci in modo passivo, col rischio di diventare un ingranaggio del sistema, mera fonte di dati, oppure – ha esortato Don Christian Barone, teologo presso il Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale e docente presso il Dipartimento di Teologia fondamentale della Pontificia Università Gregoriana – possiamo diventare consapevoli, conoscere quello che accade e contribuire a far sì che queste tecnologie siano sostenibili anche per le nuove generazioni».

  Laura Viviani

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