Alleanza Cooperative, no agli attacchi UE a carni e salumi, evitare approcci semplicistici
Approcci troppo semplicistici non farebbero altro che arrecare grave danno a comparti già colpiti pesantemente dalle ripercussioni derivanti dalla pandemia da Covid19”
“Riteniamo inaccettabile ed inappropriata la discriminazione nei confronti di produzioni che non solo rappresentano il Made in Italy nel mondo ma che sono da sempre parte integrante della dieta mediterranea, universalmente riconosciuta come uno stile di vita essenziale per la salute dell’uomo”. Così Graziano Salsi, Coordinatore del settore zootecnico di Alleanza cooperative Agroalimentari commenta la posizione della Commissione Europea contenuta nel Piano d’azione per migliorare la salute dei cittadini europei (Europe’s Beating Cancer Plan), che prende di mira le carni rosse e lavorate, tacciate di essere pericolose per la salute e tende inoltre a rivedere la futura politica di promozione orientando i cittadini ad un minore consumo di carni a vantaggio di altri prodotti.
“Mi auguro che temi così importanti per tutta la popolazione UE come la salute umana siano trattati con oggettività evitando approcci troppo semplicistici che non farebbero altro che arrecare grave danno a comparti già colpiti pesantemente dalle ripercussioni derivanti dalla pandemia da Covid19”, ha proseguito Salsi.
Il comparto zootecnico ha avuto e continua ad avere una progressiva flessione nella redditività , sulla quale pesa in maniera determinante la chiusura del canale Horeca che ha ridotto drasticamente il consumo dei tagli di carne, specie quelli più pregiati.
Nel settore della carne bovina, alcune produzioni pregiate come la razza piemontese hanno realizzato perdite fino a 400 euro in meno al capo, con una media nazionale di 200-300 euro. Quanto al settore dei suini, la media di mercato nel 2020 si è attestata su un prezzo medio del suino vivo di 1,37 euro al kg, contro la media di 1,47 euro (-6,8%), che si è tradotta in un prezzo finale di 16 euro in meno a capo (160 chili x 0,10).
“A tale situazione si aggiungono – conclude Salsi - condizioni congiunturali derivanti da molte variabili quali l’export UE e le importazioni cinesi. In questo contesto, vista la forte dipendenza dall’estero da parte dell’Italia nelle carni bovine e suine, sarebbe importante e strategico sviluppare il settore zootecnico anche in aree interne del Paese, potenziando le filiere italiane del suino e della carne bovina. Le importazioni di carne fresca ammontano a 1 milione di tonnellate per un valore di 2,1 miliardi circa (dati 2019). Se indeboliamo la produzione nazionale, finiremo per aprire la strada alle importazioni. Ricordiamo che sulla carne suina siamo autosufficienti per il 64% e per il bovino intorno al 53%”.
Alina Fiordellisi