Ammontano a 3,3 milioni, il 23,8%, i lavoratori che guadagnano meno di 9 euro lordi l'ora, al di sotto dunque della soglia che la politica indica come un auspicabile salario minimo. Retribuzioni dunque che superano di poco i 1500 euro lordi al mese e questo nonostante si tratti di lavoratori coperti dalle tutele della contrattazione nazionale. E' la fotografia del lavoro povero che l'Inps consegna al governo, tema caldissimo al centro del dibattito politico sociale. "Segnali preoccupanti", annota nel suo XXI Rapporto presentato oggi. Il contratto dunque non sembra possa più costituire la garanzia a buste paga adeguate se si considera, come registra ancora l'Inps che, con riferimento a ottobre 2021, in 257 Contratti nazionali, che coinvolgono 4,5 mln di dipendenti, il 10% delle retribuzioni mensili effettive si sia collocato al di sotto della soglia di 1.500 euro. All'interno del perimetro contrattuale infatti si registrano "variazioni importanti": se infatti, dice l'Inps, la retribuzione media giornaliera per i dipendenti a full-time è pari a 98 euro, in 6 tra i contratti principali è inferiore a 70 euro mentre nell’industria chimica è pari a 123 euro.
E se la retribuzione media annua nel 2021 per i full time ammonta a 24.097 euro, quasi in linea con il 2019 e poco più di quanto registrato nel 2020, c'è da considerare il "consistente aumento", +16,2% , di quanti hanno lavorato per frazioni ridotte dell'anno guadagnando una media di 7.870 euro di retribuzione annua. Non meglio i dati degli ultimi 15 anni (2005-2021) che parlano di un "raddoppio" del numero di quei lavoratori con buste paga inferiori ai 1.000 euro, da 439mila a 905mila dello scorso anno, e di quel 28% di lavoratori , rispetto ai 18% del 2005, che guadagnano meno di 5.000 euro annui. Anche all'interno di questo universo lavorativo comunque la situazione appare poco omogenea: per i dipendenti a part-time la retribuzione media giornaliera è pari a 45 euro, ma risulta inferiore a 40 euro al giorno per i dipendenti di alcuni comparti artigiani come il metalmeccanico, il sistema moda e l'acconciatura/estetica.
La situazione dunque,conferma all' l'Inps come "la distribuzione dei redditi si sia polarizzata in modo vistoso e la decrescita salariale sembrerebbe derivare essenzialmente dalla parcellizzazione della prestazione lavorativa, anche per effetto della eccessiva flessibilizzazione introdotta dalle riforme sul mercato del lavoro". Una situazione retributiva "decisamente frastagliata", prosegue l'Inps, che registra un forte aumento delle disparità sul mercato del lavoro e un'accelerazione del coefficiente che ne calcola le diseguaglianze, l'indice Gini che nel 2021 sale a 46 dai 44 del 2019. Per contro l’1% dei lavoratori più ricchi concentra nelle sue mani il 6,4% del reddito totale percepito dal lavoro dipendente e guadagna un ulteriore aumento di un punto percentuale della loro quota sulla massa retributiva complessiva.
Francesco Agresti