- Disciplina del contratto di lavoro a termine e della somministrazione a tempo indeterminato
Le modifiche alla disciplina del lavoro a tempo determinato (articolo 24) erano tra le più attese, ma anche le più contestate. La legge di conversione ha introdotto alcune ulteriori novità che allentano ulteriormente la stretta prodotta da “decreto dignità” del 2018.
Quella più rilevante riguarda le causali previste dall’articolo 19 del Dlgs 81/2015 per poter prolungare la durata del rapporto di lavoro fino a 24 mesi: le causali introdotte dal Dl 87/2018, praticamente inapplicabili, sono state sostituite con un ritorno al passato. Infatti, l’individuazione delle causali è demandata a contratti collettivi di cui all'articolo 51 del Dlgs 81/2015.
Per la verità, la possibilità per i contratti collettivi di individuare ulteriori causali era già stata reintrodotta temporaneamente nel nostro ordinamento, ma poi non era stata rinnovata.
Da sottolineare che, se la legge venisse applicata fino in fondo, i contratti sottoscritti da associazioni non rappresentative non potrebbero introdurre causali, o per lo meno queste non sarebbero valide.
Analizzando il quadro complessivo della contrattazione collettiva, emergono diversi scenari che si possono verificare entro il 30-4-2024:
- Ccnl che non si sono ancora adeguati
- Ccnl che si sono adeguati
- Ccnl che hanno mantenuto le causali normate in precedenza prima del DLGS 81/2015 (magari non in virtù della legge 56/1987, ma del Dlgs 368/2001).
- Ccnl che in fase di rinnovo hanno introdotto causali ai sensi dell’art. 19 co. 01 DLGS 81/2015.
Riteniamo che nel caso n. 3 (soprattutto se le causali derivassero dal Dlgs 368/2001) e nel caso n. 4 le causali collettive rispondano alle caratteristiche previste dal Dl 48/2023. Nel secondo è scontato che c’è adeguamento. Ovviamente nel primo caso si possono utilizzare solo le causali di legge.
Abbiamo parlato di Ccnl, va anche ricordato, però, che le causali di cui al nuovo punto 1) potrebbero essere inserite mediante contrattazione collettiva di secondo livello (territoriale o aziendale).
In assenza di causali contrattuali, ma non oltre il 30-4-2024, saranno le parti a prevedere una durata superiore a 12 mesi individuando le esigenze di natura tecnica, organizzativa o produttiva.
Le maggiori contestazioni dei sindacati sono state su questo punto in quanto il lavoratore è chiaramente la “parte debole” e difficilmente potrà rifiutare una proroga.
Ricordiamo anche che fino all’entrata in vigore del Dlgs 81/2015 che le aveva abolite, le causali contrattuali sono state fonte di notevole contenzioso.
Proprio per limitare la possibilità di contenzioso, tanto nel caso in cui si utilizzi una causale collettiva quanto in caso di individuazione della stessa tra le parti, è necessario indicare le circostanze precise e oggettivamente riscontabili caratterizzanti l’attività presa in considerazione e tali da giustificare nel particolare contesto aziendale il ricorso al contratto a termine. In altre parole, non basterà ricopiare nel contratto individuale la causale collettiva ma andrà precisato per quale attività e in quale contesto aziendale essa si rende opportuna. Allo stesso modo non sarà possibile, mancando la causale collettiva, riportare nel contratto individuale la dicitura “esigenze di natura tecnica, organizzativa, produttiva” ma sarà necessario descrivere puntualmente a quale di queste esigenze si fa ricorso spiegandone il motivo e le circostanze.
Va inoltre fatta attenzione ad un altro aspetto: la motivazione apposta deve perdurare per tutta la durata del contratto a termine e mantenersi come giustificazione, se non esclusiva, almeno prevalente del ricorso allo stesso.
Seppure con altra forma, il nuovo decreto mantiene la possibilità di superare il termine di 12 mesi in caso di sostituzione di altri lavoratori.
La normativa sulla stagionalità non è stata modificata ed è ancora contenuta nell’articolo 21.
Passando alle ulteriori novità introdotte dalla Legge n. 85/23 di conversione del Decreto Lavoro, va rimarcato che su tutti gli aspetti innovativi della disciplina dei contratti a tempo determinato saranno quanto mai importanti i chiarimenti da parte del Ministero del Lavoro o, come avvenuto in passato in situazioni analoghe, dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro, anche se, essendo in gioco diritti dei lavoratori, la parola decisiva sarà quella del giudice del lavoro.
La prima novità. In sede di conversione è stato previsto che non è necessaria una causale in caso di rinnovo del rapporto a termine qualora lo stesso abbia durata fino a 12 mesi. In pratica abbiamo una “acausalità” completa per i rapporti di lavoro di durata fino a 12 mesi considerato che già in precedenza erano escluse le proroghe.
In caso di rinnovo resta comunque la necessità di applicare lo stacco temporale tra i contratti (cd. stop and go ex art. 21, comma 2).
L’intervento è avvenuto modificando il comma 4 dell’articolo 19 e reso ulteriormente esplicito con la modifica dell’articolo 21.
Questa la seconda novità. Con la norma introdotta dal comma 1-ter dell’art. 24, si prevede che, ai fini del computo dei 12 mesi previsto dagli articoli 19 (comma 1) e dall’articolo 21 (comma 01) si tenga conto dei soli contratti stipulati a decorrere dal 5-5-2023 (data di entrata in vigore del Dl 48). Oltre a prevedere lo scomputo di precedenti contratti senza causale, secondo alcuni autorevoli commentatori, questo “azzeramento” dovrebbe riguardare anche i precedenti contratti con causale. A nostro avviso l’interpretazione, pur portando alle estreme conseguenze l’azzeramento, sembra coerente col testo. È però necessario operare con prudenza in attesa di chiarimenti ministeriali e/o del consolidarsi di questa opinione.
Sarà quindi possibile rinnovare il contratto per 12 mesi nel caso in cui sia stato stipulato un contratto a tempo determinato, iniziato prima del 5-5-2023 già terminato o ancora in corso rispettando però la regola, che non è stata modificata, relativa alla durata massima di 24 mesi del contratto a tempo determinato (salvo limiti più alti introdotti dai contratti collettivi).
Vediamo, con un esempio, la norma applicata alla situazione probabilmente più comune.
Contratto a tempo determinato scaduto (o in scadenza) di durata di 12 mesi, senza l’apposizione di alcuna condizione. Ipotizzando che il contratto collettivo applicato non deroghi alla durata massima per legge, il datore di lavoro ed il lavoratore possono stipulare un ulteriore contratto a termine della durata di 12 mesi, per le stesse mansioni, senza causale (i primi 12 si sono “azzerati”) ma non possono andare oltre inserendo una delle nuove condizioni (il rapporto si trasformerebbe a tempo indeterminato) perché, complessivamente, hanno raggiunto i 24 mesi. Si potrà eventualmente stipulare un ulteriore contratto avanti ad un funzionario dell’Ispettorato territoriale del Lavoro per un massimo di 12 mesi, con l’apposizione di una condizione, come previsto dall’art. 19, comma 3, e rispettando lo “stop and go”.
Come già detto, secondo alcuni autorevoli commentatori l’azzeramento dei periodi precedenti al 5-5-2023 si applicherebbe anche ai periodi in cui è stata applicata una causale. Nel caso in cui tale interpretazione fosse confermata vediamo quali potrebbero essere le possibilità di ricorso al contratto acausale con due esempi.
- Contratto a tempo determinato scaduto (o in scadenza) di 12 mesi con causale “sostituzione di maternità”. Il datore di lavoro ha sempre a disposizione ulteriori 12 mesi di contratto senza apposizione di alcuna condizione.
- Contratto a tempo determinato scaduto (o in scadenza) di 16 mesi con causale. Alla luce delle novità introdotte dalla legge 85, il datore di lavoro che ha visto “azzerati” i primi 16 mesi, può attivare un contratto senza l’apposizione di alcuna causale, per un massimo di 8 mesi, in quanto non può comunque superare la soglia dei 24.
Evidenziamo infine che il tenore letterale della norma fa pensare che possano godere dell’azzeramento soltanto i nuovi contratti stipulati (e non le proroghe effettuate) dopo il 4 maggio.
In attesa della conferma di tale interpretazione che dovrà venire da una chiarimento ministeriale, anche in questo caso può essere utile un esempio.
Contratto a tempo determinato in scadenza dalla durata di 12 mesi. Se il datore procede con una proroga, superando tale soglia, deve apporre una causale, cosa che non succede se stipula “ex novo” il contratto. In caso di nuovo contratto stipulato occorre rispettare lo “stop and go”. Il mancato rispetto fa sì che il rapporto diventi a tempo indeterminato a partire dal secondo contratto.
È stato inoltre aggiunto il comma 5bis all’articolo 19: ai contratti stipulati dalle pubbliche amministrazioni, ai contratti di lavoro a tempo determinato stipulati dalle università private, incluse le filiazioni di università straniere, istituti pubblici di ricerca, società pubbliche che promuovono la ricerca e l'innovazione ovvero enti privati di ricerca e lavoratori chiamati a svolgere attività di insegnamento, di ricerca scientifica o tecnologica, di trasferimento di know-how, di supporto all'innovazione, di assistenza tecnica alla stessa o di coordinamento e direzione della stessa si applicano le disposizioni vigenti anteriormente alla data di entrata in vigore del Dl 87/2018.
La legge di conversione è intervenuta anche sull’articolo 31 del Dlgs 81 in materia di limiti numerici in caso di somministrazione a tempo indeterminato.
È prevista l’esclusione dal computo:
- dei lavoratori somministrati assunti con contratto di lavoro in apprendistato;
- dei lavoratori assunti dalle liste di mobilità (articolo comma 2 Legge 23 223/1991);
- dei disoccupati che godono da almeno 6 mesi di trattamenti di disoccupazione non agricola o di ammortizzatori sociali;
- dei lavoratori svantaggiati o molto svantaggiati ai sensi dei numeri 4) e 99) dell’articolo 2 del regolamento (UE) n. 651/2014 della Commissione, del 17 giugno 2014, come individuati con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali.
Nel primo caso i contratti collettivi possono comunque intervenire sull’esclusione, negli altri invece la previsione è assoluta.
Francesco Agresti