Il mio augurio, che spero di ripetere di presenza, è che l’“Italia Cooperativa” sia non solo il titolo del settimanale che riafferma l’idea e la pratica della cooperazione tra gli italiani, ma l’insegna per il futuro del nostro Paese. Mentre le ispirazioni, anche legittime, che prendono colore politico, si differenziano nelle pratiche realizzazioni, quella cooperativa si presenta come un ideale comune, che tutti accettano e favoriscono. Per quanto la cooperazione, nel senso stretto della parola, si applica a quelle forme di intraprese economiche che si basano sulla uguale comunanza di interessi e di vantaggi tra i soci, lo spirito della cooperazione abbraccia ogni ramo di attività perché fa appello alla fratellanza umana e alla collaborazione reciproca.
Tale appello, del tutto cristiano nella sua essenza, deve arrivare a un numero quanto maggiore di persone e di famiglie che, accettando la cooperazione rinunciano perciò stesso – nel campo cooperativo – all’idea del guadagno e alla ricerca del proprio utile col danno dell’utile altrui.
Ormai, i fatti ci provano che si può trasformare intere regioni in una rete di cooperative così fitta da non esserci più luogo per intraprese a scopo di lucro capitalistico; e che anche si possono avere, in forma cooperativa, grandi imprese industriali, dove il profitto va a vantaggio dei produttori e consumatori insieme uniti.
Queste larghe e promettenti esperienze si sono ormai inserite con la economia capitalistica al punto da formarvi delle zone veramente libere e franche. Il processo cooperativo è certo meno celere che quello della iniziativa privata; ma mentre la cooperativa non intende soppiantare l’iniziativa privata, che risponde a concetti di sana economia, intende combattere quel capitalismo invadente e accentratore che tende a creare, a suo vantaggio, dei monopoli di sfrutta- mento.
Se, come è sperabile, quello che è oggi esperimento locale si andrà generalizzando, e l’inserzione del cooperativismo nell’economia capitalistica arriverà a coprire gran parte della produzione distribuzione in ciascun Paese, facendo dei passi ancor più decisivi nei commerci internazionali, noi vedremo realizzarsi una di quelle pacifiche rivoluzioni economiche veramente costruttrici, che fanno epoca.
Questo lavoro domanda più tecnicità e perseveranza e anche molti sacrifici, che non qualsiasi altro nel campo dell’economia. Ma i vantaggi per i soci e le loro famiglie e per la stessa società sono più stabili e duraturi. “L’Italia Cooperativa” è un ideale di risanamento per la nostra patria duramente provata da malattie di grandezza capitalistica, militaristica ed espansionistica. Noi dobbiamo rifare il nostro Paese sano e prospero sulla base della sua intima potenzialità che è principalmente la potenzialità del lavoro in cooperazione e in convergenza di interessi. Un lavoro affrancato dai ceppi di servitù ingiuste, elevato alla dignità dell’uomo, mirante a ricreare per la famiglia la sicurezza della vita con quella piccola proprietà della casa, del campo, del giardino, alla quale ogni italiano da secoli ha sempre aspirato e aspira. Lungo ed aspro il cammino.
Non pochi dei nostri con- nazionali saranno dalle crisi indotti a cercare mezzi di sussistenza all’estero emigrando. Non si può fare la economia del nostro Paese in un giorno dall’oggi al domani, e non varranno a rifarlo certi toccasana di carattere politico. Riprendere l’attività cooperativa, con adeguata preparazione tecnica, con larghe vedute economiche e appoggi politici, è il dovere dell’oggi per il domani.
Il domani sarà nostro quando l’Italia, risanata e rifatta, potrà riprendere le tradizioni gloriose delle sue maestranze, dei suoi artigiani e dei suoi primi cooperatori, e dare al lavoro d’insieme, un impulso così largo da potere veramente realizzare il sogno di un “Italia Cooperativa”.
Brooklyn, 27 marzo 1946
Francesco Agresti