Il disegno di legge in materia di imprese sociali di comunità rappresenta un passo importante sul percorso, sostenuto dall’Alleanza delle Cooperative, per giungere a un inquadramento legislativo a livello nazionale delle cooperative di comunità, anche allo scopo di coordinare e razionalizzare la normativa regionale stratificata negli anni, per sostenere più efficacemente uno strumento il cui valore nelle politiche di sviluppo locale nelle aree vulnerabili del nostro Paese è ormai diffusamente riconosciuto e che è sempre maggiormente visto con interesse da istituzioni e politiche di sviluppo (attuali o in programmazione).
Ad affermarlo sono i rappresentanti dell’Alleanza delle Cooperative in occasione dell’audizione sul D.d.L. 1650 (Disposizioni in materia di imprese sociali di comunità), presso la Commissione Affari Costituzionali del Senato.
Dopo aver sottolineato che il disegno di legge condivide l’indicazione, espressa dal mondo cooperativo, di inserire le cooperative di comunità nell’ambito delle imprese sociali, i rappresentanti dell’Alleanza si sono dapprima soffermati sul passaggio secondo il quale le imprese sociali di comunità e le cooperative di comunità debbono operare “in via prevalente” nelle aree territoriali svantaggiate. Un requisito che -a giudizio dell’Alleanza- data la sua complessità, dovrà essere sviluppato in sede di normazione secondaria e che dovrà valorizzare, in modo distinto, le realtà che esprimono l’operatività prevalente sotto il profilo del fatturato, quindi dal lato dei ricavi, rispetto a quelle caratterizzate dall’impiego di determinati fattori produttivi e che, quindi, esprimono l’operatività prevalente dal lato dei costi.
Analoga attenzione al criterio della prevalenza andrà posta anche in riferimento alla composizione della base sociale che, allo stato attuale della proposta, sembra dover essere caratterizzata unicamente da persone fisiche e/o giuridiche che abbiano fissato la sede legale o operino con carattere di continuità in quegli ambiti territoriali. Sarebbe invece opportuno introdurre il criterio della prevalenza o un qualche rapporto percentuale tra soggetti residenti o domiciliati e non, oppure prendendo a modello quanto previsto a riguardo per l’ordinamento delle Banche di credito cooperativo.
Altro punto da chiarire quello del requisito necessario a ottenere la qualificazione di impresa sociale di comunità o cooperativa di comunità, ovvero il fatto di svolgere uno o più determinati servizi nell’interesse generale della comunità e del territorio indicati nel D.lgs. 112/2017. Nella proposta attuale, sembra che per ottenere la qualificazione sia necessario svolgere i servizi inseriti in due distinti elenchi, quello delle imprese sociali e quello delle imprese di comunità. In questo modo, secondo l’Alleanza, si rischia di frustrare gli scopi del provvedimento. È quindi necessario correggere la disposizione e precisare che, per essere qualificate imprese di comunità, sarà sufficiente che esse svolgano uno dei servizi per la comunità e il territorio specificamente previsti per le imprese di comunità e solo facoltativamente lo svolgimento di una delle attività di interesse generale delle imprese sociali. Ovviamente, entrambe le categorie di attività concorreranno al raggiungimento del requisito della prevalenza (70% dei ricavi) previsto dalla norma.
Riguardo al tema della pluralità delle forme societarie adottabili, l’Alleanza delle Cooperative sottolinea che l’impresa sociale di comunità, a differenza delle imprese sociali tout court, non possa che avere le forme strutturalmente democratiche e partecipate tipiche dell’associazione e della società cooperativa, in coerenza con il dibattito sinora svolto nel Paese sulla cosiddetta impresa comunitaria e in sintonia con i contenuti della legislazione regionale che ha eletto la forma cooperativa quale unica forma societaria comunitaria. Infine, in direzione di agevolare l’attività delle cooperative di comunità, l’Alleanza auspica l’introduzione di codici Ateco primari multipli per le imprese operanti nei comuni montani e delle aree interne, riconoscendone la congenita multifunzionalità.
Francesco Agresti