Sono poco meno di 230, 6 su 10 nel Mezzogiorno, 7 su 10 sono piccole e micro imprese, la quasi totalità è in utile. Ci sono ambiti operativi dove il movimento cooperativo può rappresentare una risposta efficace, efficiente e innovativa ai bisogni. Uno di questi è la gestione dei beni confiscati alla criminalità.
A mappare queste esperienze ci ha pensato l’Ufficio Studi Confcooperative FondoSviluppo. Ecco cosa viene fuori. A fine 2021 si contavano 226 cooperative attive nella gestione dei beni confiscati. Il Mezzogiorno è l’area con la più alta incidenza di cooperative interessate, il 61,5% del totale.La gestione dei beni confiscati è affidata nell’83% in via esclusiva a una cooperativa sociale (con una quota significativa di sociali miste). Per il 13% la gestione fa riferimento a una ATI/ATS in cui è presente almeno una cooperativa sociale (prevalentemente con una o più associazioni). Per il restante 4% la gestione è affidata a un consorzio (in prevalenza tra cooperative sociali).
La tipologia prevalente di beni confiscati gestiti dalle cooperative fa riferimento agli immobili residenziali con 48% del totale (in particolare ville, appartamenti e anche interi palazzi). Il 28% è rappresentato da terreni (in prevalenza agricoli) con o senza fabbricato (in prevalenza rurale). Il 16% è censito come immobile commerciale/industriale. Il 2% come struttura ricettiva (prevalentemente villaggi turistici), il restante 6% è riconducibile ad altri beni (in prevalenza box) o beni non definiti.
Il 34% del totale delle destinazioni d’uso prevalenti dei beni confiscati affidati alle cooperative fa riferimento all’ambito dell’accoglienza/integrazione (incluso l’housing sociale). Il 25% è destinato ad attività agricole (cooperazione sociale agricola). Il 12% è destinato ad attività di istruzione/formazione/educazione (compresi asili nido e attività civico-culturali). Il 10% è destinato alle attività commerciali e artigianali (compresa la ristorazione con le «osterie sociali» e le attività di «sartoria sociale»). Il 3% fa riferimento ai servizi agli anziani (in prevalenza case di riposo). Il 4% è destinato ad altri servizi sociali (giovani, disagio psichico, altre situazioni di svantaggio). Il 3% fa riferimento a depositi (box e magazzini di custodia). Il restante 9% non è definito.
A occuparsi di beni confiscati sono numericamente soprattutto piccole e micro cooperative, rispettivamente il 37 e il 34% sul totale.
Le grandi imprese sono il 6,5%, il 22% sono medie imprese. Da sottolineare la presenza significativa di imprese di grande e media dimensione rispetto al peso (di gran lunga inferiore) che le stesse rivestono nell’economia cooperativa in Italia. Se in termini numerici a prevalere sono le cooperative di piccole dimensioni, su fatturato e valore aggiunto i numeri però li fanno le grandi e medie cooperative. Queste ultime contribuiscono per il 45% del fatturato totale, le grandi imprese per il 37% (nonostante rappresentino il 6,5% del totale), le piccole imprese per il 16% e le micro imprese con il 3% del fatturato totale.
Sul fronte del valore aggiunto a prevalere sono le grandi cooperative con il 47% del valore aggiunto totale generato dalle cooperative che gestiscono beni confiscati. Le medie imprese contribuiscono con il 38% del valore aggiunto totale, le piccole con il 12,5% del valore aggiunto totale e le micro con il 2,5% del valore aggiunto totale. I beni confiscati se ben gestiti sono tra le cooperative che gestiscono beni confiscati, il 97% è in utile.
Francesco Agresti