Trentingrana: al via la stagionatura del formaggio Dop nelle cave di dolomia a 200 metri nel sottosuolo
È la prima sperimentazione mai realizzata in questo campo. Le prime 160 forme di formaggio duro simbolo dell’eccellenza trentina, il Trentingrana, riposeranno per un anno nel cuore della montagna, all’interno delle grotte ricavate dalle immense cave di Dolomia messe a disposizione dal Gruppo Miniera San Romedio. Poco più in là si trovano le celle di conservazione delle mele Melinda e la cantina dello spumante Altemasi Trentodoc di Cavit.
Tutti prodotti di vertice dell’agricoltura trentina cooperativa che «dimostrano la volontà di lavorare insieme – ha commentato il presidente della Cooperazione Trentina Roberto Simoni – e la capacità di guardare avanti anche in questo momento di grande difficoltà. Il Trentino si fa laboratorio guardato con interesse anche da altri territori, e la cooperazione saprà mettere a frutto le esperienze passate per declinarle al futuro».
«Un progetto fortemente voluto dal Consorzio per la salvaguardia del territorio che, nell’utilizzare in maniera sostenibile la nostra montagna, mira alla tutela dell’ambiente epigeo, rafforza la sinergia tra realtà agroalimentari trentine con il Gruppo Miniera San Romedio e dà un impulso innovativo al ‘rispetto’ che da sempre definisce e contraddistingue il nostro modo di produrre formaggi» – ha affermato Stefano Albasini, presidente di Trentingrana Concast, Consorzio dei Caseifici Sociali Trentini che ha aperto stamani la cerimonia ufficiale di avvio del progetto sperimentale.
«Risparmiamo suolo e valorizziamo il sito minerario», ha affermato la responsabile marketing del Consorzio Anna Rizzi.
Trentingrana in grotta, il progetto
Per ora sono state allocate 160 forme di Trentingrana che, da oggi, riposano all’interno della montagna.
Una fase sperimentale che precorre un progetto di conservazione e stagionatura ipogea per circa 30 mila forme di Trentingrana che, il Consorzio, svilupperà in collaborazione con il Gruppo Miniera San Romedio, che ha scelto di ottimizzare i propri scavi nell’ottica di una progettualità legata alla conservazione in ambiente ipogeo, in condizioni di microclima controllato, di prodotti alimentari e non.
In Val di Non, nel territorio del Comune di Predaia, si trova la miniera di dolomia del Gruppo Miniera San Romedio, oltre 80 ettari in superficie e, nel sottosuolo, una fitta rete di gallerie e cunicoli scavati per l’attività estrattiva della roccia dolomia pura, utilizzata nei prodotti del brand/marchio e particolarmente indicata al restauro di pregio e alla bioedilizia.
Qui le gallerie sono scavate e prendono forma in sinergia con altre realtà del territorio per predisporre i vuoti minerari allo stoccaggio e conservazione di prodotti, offrendo una seconda vita agli spazi in ipogeo in un’ottica di rigenerazione dell’esistente, ma anche di preservazione del territorio di superficie: la sintesi perfetta di una economia circolare che fa del Trentino un esempio tra i più virtuosi nella realizzazione di una vera e propria “cultura circolare e sostenibile” tra le imprese e i produttori locali.
Le condizioni delle grotte, inoltre, rappresentano un presupposto ideale per ridurre i consumi di energia: l’ammasso roccioso è un isolante naturale le cui proprietà termiche aumentano con il tempo, a differenza di quanto accade per i magazzini tradizionali, e l’ambiente sotterraneo non è soggetto ai picchi di temperatura che si verificano nei periodi estivo e invernale (la temperatura in sotterraneo è costante durante tutto l’anno ed è pari a circa 12 gradi).
«La temperatura normale di stagionatura è di circa 16-18 gradi, che verranno raggiunti attraverso un sistema di riscaldamento a pompe di calore», ha informato il responsabile tecnico del progetto ing. Lorenzo Berloffa.
Si prospetta dunque un risparmio di energia nel raffreddamento e riscaldamento dei magazzini di stagionatura tradizionali, che potrà essere verificato e quantificato nel corso della sperimentazione.
Il Consorzio, che mette il rispetto al centro di una filosofia condivisa tra tutti gli allevatori e caseifici aderenti, a cominciare dal rispetto per il territorio, ha quindi avviato la sperimentazione partendo dal suo prodotto di punta, Trentingrana, il formaggio Dop a pasta dura dalla fragranza e dalla dolcezza inconfondibili, “dono” delle vallate trentine e realizzato solo con latte di montagna da mucche nutrite secondo natura, con un’alimentazione a base di fieno, erba fresca e alimenti zootecnici rigorosamente NO-OGM e priva di insilati. Un formaggio completamente naturale che ancora oggi è prodotto nel rispetto della tradizione, seguendo i ritmi lenti imposti dalla lavorazione classica.
«La sperimentazione di Trentigrana in una cava ipogea è la prima in assoluto per un formaggio DOP del nostro segmento: si tratta di un progetto ambizioso, perché alla conservazione del prodotto si combina la sua stagionatura, la fase più delicata ed essenziale che porta alla maturazione del formaggio e quindi alla formazione di quell’equilibrio organolettico di sapori e profumi che conferiscono unicità al nostro Trentingrana» – sottolinea Federico Barbi, direttore commerciale del Gruppo Formaggi del Trentino, l’anima commerciale del Consorzio.
Le aspettative
A presidiare sulla bontà dei formaggi in sperimentazione ci sarà una commissione valutativa che, a conclusione del progetto, effettuerà controlli e assaggi confrontando le 160 forme in stagionatura nel deposito ipogeo con le loro “gemelle” lasciate a maturare nel magazzino di superficie; mentre un sistema automatizzato all’interno della cava ipogea si occuperà di rigirare e spazzolare regolarmente le forme durante la stagionatura.
L’obiettivo è di arrivare a circa 30.000 forme di Trentingrana stoccate entro il 2025 rispetto alle 100.000 conferite annualmente dai caseifici associati.
La sperimentazione, inoltre, potrà aprire le porte ad ulteriori test dei prodotti caseari a pasta dura e semidura della gamma del Consorzio, come ad esempio il Mezzano Trentino delle Dolomiti e il Vezzena del Trentino.