Romagna, cooperazione sociale a rischio collasso
La cooperazione sociale romagnola è in difficoltà nell’erogazione dei servizi e con essa il sistema di welfare del territorio. Le cooperative sociali gestiscono su mandato della Regione Emilia-Romagna oltre il 70% dei servizi di assistenza alle persone non autosufficienti: case residenza e centri diurni per anziani e persone con disabilità, servizi in ambito psichiatrico, comunità per minori ecc. Servizi che creano sollievo alle famiglie e posti di lavoro.
Negli ultimi anni i costi per la gestione delle strutture accreditate sono aumentati notevolmente, ma il contributo erogato dalla Regione è rimasto lo stesso. La conseguenza è che molte cooperative chiuderanno i loro bilanci in perdita, non saranno più in grado di erogare i servizi e in alcuni casi rischieranno la chiusura. Urge un intervento affinché il welfare di qualità che caratterizza questo territorio venga mantenuto.
«Abbiamo portato questo tema all’attenzione della Regione Emilia-Romagna alla quale abbiamo chiesto un urgente adeguamento delle tariffe che riconosce alle cooperative sociali per la gestione dei servizi di assistenza alla persona accreditati» sottolinea Mirca Renzetti, presidente di Confcooperative Federsolidarietà Romagna.
Prendendo ad esempio le case residenza per anziani, per ciascun ospite le cooperative spendono 120 euro al giorno, ma ne ricevono solo 109 dalla Regione.
«Nei mesi passati c’è stato un modesto stanziamento della Regione per aiutare le strutture ad affrontare l’aumento considerevole dei costi fissi e variabili. Uno stanziamento che ha fornito un po’ di ossigeno ed è stato accettato di buon grado nell’attesa di una vera revisione delle tariffe, ma che è risultato insufficiente. La soluzione va trovata in fretta – continua Renzetti –. Bisogna che si prenda maggiore consapevolezza del valore aggiunto che la cooperazione sociale dà al territorio. In questi anni di pandemia e di rincari esorbitanti le cooperative sociali non si sono mai sottratte dalla loro missione, consumando patrimoni e riserve pur di mantenere aperti i servizi e salvaguardare il lavoro dei propri soci. Hanno messo in secondo piano la tenuta dell’impresa per la tenuta del welfare. Ora non possiamo permettere che questo tassello così importante dell’economia e del welfare venga lasciato indietro».
La situazione delle cooperative a Ravenna: il Consorzio Solco Ravenna
Tra le realtà che hanno ben presenti i disagi vissuti dalla cooperazione sociale negli ultimi 3 anni c’è sicuramente il Consorzio Solco Ravenna che raggruppa 18 cooperative sociali con servizi in tutta la Romagna e nel ferrarese.
Per quanto riguarda i servizi e le strutture accreditate con la Regione Emilia-Romagna il consorzio Solco ne ha all’attivo 25, per un totale di circa 1500 persone servite e circa 800 lavoratori e lavoratrici.
«Prevediamo una chiusura negativa del bilancio delle cooperative associate al Consorzio – commenta il direttore Giacomo Vici –. Nel 2022 abbiamo avuto un aumento dei costi energetici vicino al 100%: nel 2021 spendevamo 700mila euro circa e nel 2022 siamo arrivati a 1.300.000 euro. A pesare sul nostro bilancio ci sono anche due investimenti che abbiamo portato avanti: il reclutamento di personale infermieristico dall’estero e l’apertura della Rosa dei Venti. C’è carenza di infermieri in Italia e nel 2022 molti di quelli occupati nelle cooperative sociali sono passati al sistema pubblico che stava collassando per via della pandemia. Se non avessimo investito nel far arrivare dall’estero 30 infermieri non saremmo riusciti a garantire la qualità e continuità dei nostri servizi. A questo scenario si aggiungono poi gli aumenti legati all’inflazione registrata nel 2022 e l’aumento generale dei tassi di interesse, fattori che pesano ovviamente anche sulle tasche di tutti i nostri lavoratori che si ritrovano ad aver dato tanto in questi anni ma a non vedere ancora riconosciuto a pieno il valore del loro lavoro».
Le soluzioni per arginare le perdite non sono molte: «Le azioni che stiamo mettendo in campo sono di rivedere i contratti con i fornitori e di ottimizzare al meglio l’organizzazione delle nostre strutture per risparmiare laddove possibile - prosegue Vici -. Ovviamente questo non basta, c’è assoluto bisogno di intervenire sull’adeguamento delle tariffe per i servizi accreditati».
La situazione delle cooperative riminesi: il punto con Mpda Girasole, Le Mani e L’Aquilone
Le cooperative sociali di Rimini sono tra le più storiche, grandi e radicate. Solo per fare un esempio le cooperative Mpda Girasole e Le Mani sono responsabili dell’assistenza di 450 persone e danno lavoro a un totale di 300 operatori. L’Aquilone, con 6 strutture, assiste 270 utenti e dà lavoro a 234 persone.
Matteo Guaitoli racconta per Mpda Girasole e Le Mani: «Le problematiche sono numerose: l’aumento dei costi delle utenze, delle materie prime e, infine, la rivalutazione del Tfr che dal 4% è passato al 9,9% e inciderà sul costo del personale nel 2023. Nel 2022 siamo riusciti a raggiungere a malapena il pareggio in bilancio e, comunque, lo scorso anno ci sono stati alcuni ristori da parte della Regione che hanno un po’ mitigato la situazione. Per il 2023 avremo solo questi 3 euro in più a utente da parte della Regione che sono purtroppo insufficienti».
Paolo Dall’Acqua, presidente della cooperativa L’Aquilone e vicepresidente di Confcooperative Federsolidarietà Romagna: «Nel 2022 abbiamo fatto fatica a chiudere il bilancio. Ancora non sappiamo esattamente come andrà ma se chiudiamo in pareggio è un miracolo. La situazione non è assolutamente sostenibile: i costi sono andati tutti alle stelle, dai beni di consumo (derrate alimentari, ausili per le persone assistite ecc.) all’energia. Nel 2022 fortunatamente ci sono stati diversi ristori e grazie ad un attento contenimento dei costi e a un buon controllo di gestione ce la siamo cavata ma non possiamo andare avanti così».