Matteo Caramaschi confermato presidente di Confcooperative Terre d’Emilia
«Siamo giunti a questo appuntamento con saldi in crescita su occupazione (46.500 addetti), fatturato (8,5 miliardi di euro) e soci (139mila), avendo alle spalle numerosi processi di integrazione che hanno irrobustito il sistema e un’attività di promozione che ha generato la nascita di nuove imprese. Sono valori soddisfacenti che, però, richiedono nuove azioni per consolidare le prospettive di sviluppo in un contesto economico in rallentamento e a fronte di bisogni sociali in aumento».
Lo ha detto Matteo Caramaschi, confermato presidente di Confcooperative Terre d’Emilia dai delegati delle 620 imprese associate che hanno partecipato all’assemblea tenuta al Forum Monzani di Modena.
Nonostante il buon bilancio della sua organizzazione, Caramaschi ha individuato alcune criticità che, in prospettiva, non garantiscono un futuro lineare alle cooperative.
«A partire – ha spiegato – da un comparto agroalimentare che conta 18.500 soci, mille dipendenti e ha portato il fatturato a 5,2 miliardi di euro (200 milioni in più in un anno), ma sul quale pesano quotazioni insoddisfacenti per il vitivinicolo, autentiche devastazioni subite da alcuni segmenti dell’ortofrutta e remunerazioni al di sotto dei livelli attesi nel lattiero-caseario, che dopo un anno mostra comunque qualche segnale di ripresa.
Questioni da risolvere ne hanno anche le cooperative sociali, che contano oltre 10.500 occupati e sono impegnate nei servizi alle persone e alle comunità, ma registrano una progressiva riduzione della marginalità».
Caramaschi ha sottolineato come nell’area del lavoro e servizi (con 22.700 lavoratori rappresenta il 48% del totale degli occupati nelle imprese aderenti a Confcooperative Terre d’Emilia) le cooperative continuino a scontare forme di dumping contrattuale, la presenza di imprese irregolari e l’applicazione di normative che mortificano il ruolo dei soci-lavoratori, i quali rappresentano il 57% degli occupati.
«Occorrono innanzitutto maggiori certezze per le imprese, cioè provvedimenti che non siano oggetto di continue deroghe, cambiamenti, blocchi e ripartenze che frenano gli investimenti – ha aggiunto - Contestualmente c’è bisogno di un nuovo patto tra pubblico e privato nell’area del welfare, perché al lavoro, alle competenze e alla funzione pubblica che svolge la cooperazione sociale corrispondano trattamenti economici che salvaguardino la stabilità e lo sviluppo delle imprese».
Dal presidente di Confcooperative Terre d’Emilia è partito, poi, un affondo sulle politiche a sostegno dell’impresa cooperativa e dell’autoimpiego.
«Negli ultimi due anni – ha osservato Caramaschi – abbiamo registrato una forte crescita della cooperazione nell’area del consumo e utenza: due segmenti che, insieme alle cooperative di comunità, ci dicono esemplarmente – con un numero di soci che ha superato le 17mila unità – quanto i cittadini abbiano bisogno di aggregarsi per tutelarsi anche da fenomeni speculativi.
Ciò nonostante, lo sviluppo della cooperazione nel suo complesso è mortificato da politiche che tendono ad appiattirne il ruolo e non stimolano forme di autoimpiego, soprattutto dei giovani, attraverso la partecipazione a progetti d’impresa.Dalle politiche per l’abitare all’agroalimentare, dai servizi all’impresa a quelli alle persone, - occorre allora un’azione concreta di sostegno alla cooperazione che – ha concluso il presidente di Confcooperative Terre d’Emilia – resta uno degli strumenti fondamentali per promuovere uno sviluppo inclusivo, la partecipazione dei lavoratori alla gestione delle imprese e una più equa distribuzione della ricchezza».