Confcooperative Bologna, 12/1 convegno online su Pnrr e futuro della città
"Sono tante le iniziative ad alto impatto sociale nelle quali la forma cooperativa ha espresso evidenti eccellenze. Le risorse attese saranno volano di vero sviluppo solo se si punterà su meccanismi inclusivi e a una nuova interpretazione della sussidiarietà: la sfida è passare dalla “coprogettazione” su interventi specifici alla “coprogrammazione”, coinvolgendo le forme organizzate della società civile nella scelta delle priorità e nella pianificazione degli obiettivi". Così Daniele Ravaglia, presidente di Confcooperative Bologna, presenta il convegno online "Ripresa, resilienza e sviluppo sostenibile" in programma il 12 gennaio a cui prenderà parte, tra gli altri, anche il sindaco del capoluogo felsineo .
Mutuando la celebre massima kennediana, potremmo dire che la domanda giusta non è cosa Bologna può fare per la cooperazione, ma cosa la cooperazione può fare per Bologna. Sono varie in città le iniziative ad alto impatto sociale nelle quali la forma cooperativa ha espresso eccellenze che sono sotto gli occhi tutti. Pensiamo alla rigenerazione urbana, con le tante esperienze di riqualificazione di aree dismesse e la restituzione di luoghi aperti alla socialità, senza consumo di suolo: dalle Serre dei Giardini Margherita in centro a Ca’ Shin sui colli, dal Battirame in periferia a Dumbo negli ex spazi ferroviari.Le risorse che la città attende dal Pnrr saranno volano di vero sviluppo solo se si metteranno a punto meccanismi che siano al contempo inclusivi e capaci di valorizzare le eccellenze. A questo fine, credo sia importante partire da un’innovazione di metodo che riguarda l’azione pubblica. La sfida è passare da una logica di mera coprogettazione – la partecipazione delle forme organizzate della società civile alla definizione di interventi specifici – a una logica di coprogrammazione, che prevede il coinvolgimento di tali realtà nella scelta delle priorità e nella pianificazione degli obiettivi.
Il metodo della coprogrammazione è previsto nel nuovo Codice del Terzo Settore (d.lgs. 117/2017), articolo 55, ma non è ancora entrato nella quotidianità della pratica amministrativa. Si tratta di un salto qualitativo di grande importanza, che attiene al metodo delle decisioni, non semplicemente alla distribuzione della spesa. È un nuovo modo, più completo, di interpretare la sussidiarietà, principio di buona amministrazione – previsto dall’art. 118 della Costituzione – a cui come cooperatori teniamo particolarmente.
A cosa serve questo cambio di paradigma? Cooperative sociali, associazioni di volontariato, enti filantropici, organizzazioni di categoria: tutti gli enti che operano sul territorio accumulano, attraverso la propria attività, un patrimonio di conoscenze puntuali e non surrogabili finora inutilizzate (o utilizzate solo per via informale). Tali conoscenze sono parcellizzate, distribuite nel pulviscolo di enti e organizzazioni. Allo stato attuale, vengono in gran parte disperse: un quadro istituzionale che promuova la coprogrammazione permetterebbe di ricomporle e metterle al servizio della comunità.
Così la conoscenza di singole frazioni di territorio (un quartiere, un isolato, una scuola…) confluirà nel processo decisionale attraverso il quale si stabiliscono priorità e si assegnano risorse. A questo punto, la gestione della cosa pubblica sarà davvero condivisa e capace di ottimizzare i volumi di conoscenza già presenti nella società. Forse chi guida le istituzioni potrebbe temere di perdere il timone della nave: non è così. Sono certo che la credibilità dei rappresentanti delle istituzioni crescerà tanto più essi faranno uno sforzo per aprire la propria azione alle influenze costruttive che provengono dalla società e dalle sue aggregazioni. In questo senso, la delega alla sussidiarietà circolare, conferita dal sindaco Lepore alla consigliera Ceretti, promette bene. In questa luce vorremmo si pensasse anche alla cabina di regia sulle risorse del Pnrr, istituita a livello metropolitano.
Alle istituzioni poi va il compito di mantenere saldo l’orientamento teleologico dei percorsi di coprogrammazione, che non devono mai degenerare nella spartizione delle risorse, ma mirare alla costruzione del bene comune. Come rappresentanti della cooperazione, saremo vigili e collaborativi su questo fronte. Tanti altri sono i temi che ci stanno a cuore, dalla qualità del lavoro negli appalti fino alle politiche per la promozione dell’economia circolare. È importante però partire dall’innovazione che abbiamo descritto: l’inaugurazione del paradigma della coprogrammazione.