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Tassa extraprofitti: Federcasse, ecco perché non va applicata al credito cooperativo

L’applicazione tassa sugli extraprofitti al credito cooperativo incide sulla capacità di auto-patrimonializzazione delle BCC e, di conseguenza, in base al meccanismo del moltiplicatore del credito, sulle future erogazioni di finanziamenti a soci e clienti dei rispettivi territori. Questo è solo uno degli effetti che l’applicazione dell’imposta straordinaria calcolata su incremento del margine di interesse alle Bcc avrebbe. A ricordarlo oggi nel corso di un’audizione di Federcasse davanti alle Commissioni riunite Ambiente e Attività Produttive del Senato, il presidente di Federcasse Augusto dell’Erba, il direttore generale Sergio Gatti e il responsabile degli Affari Tributari Giuseppe Molinaro.

Nella Memoria presentata in Audizione, Federcasse – evidenziando come si riconosca pienamente nella posizione ABI espressa nella Memoria da quest’ultima presentata in Audizione - sottolinea le principali peculiarità tecnico-normative ed organizzative delle Banche di Credito Cooperativo, Casse Rurali e Casse Raiffeisen (BCC), che richiedono modifiche al testo dell’Articolo in esame:

- lo specifico quadro giuridico che disciplina l’attività delle BCC – banche cooperative a mutualità prevalente caratterizzate, fra l’altro, dalla sostanziale indistribuibilità degli utili e dalla non disponibilità né divisibilità del patrimonio (riserve indivisibili) – giustifica l’esclusione delle stesse BCC dal provvedimento;

- le Capogruppo dei Gruppi bancari cooperativi svolgono anche il ruolo di intermediari nell’acquisto dei titoli di Stato e nell’accesso ai finanziamenti della BCE. Tale funzione di “servizio” determina un “double counting” (acquisto dei titoli per conto delle BCC registrato sia nell’attivo delle Capogruppo sia in quello delle singole BCC). L’effetto del tributo in esame configura anche un’alterazione della parità concorrenziale e andrebbe eliminato.

- il Credito Cooperativo italiano (BCC, Casse Rurali, Casse Raiffeisen) - anche in proporzione alle proprie dimensioni complessive - è tra i principali sottoscrittori italiani di titoli di Stato nazionali.

A questo proposito per Federcasse è necessario escludere dal computo dell’imposta il margine di interesse e gli effetti patrimoniali dei Titoli di Stato. –

L’imposta in discussione andrebbe considerata deducibile ai fini IRES e IRAP. Federcasse ricorda inoltre l’essenza delle banche cooperative di comunità caratterizzate dal principio di mutualità (oggetto di particolare riconoscimento da parte del Presidente della Repubblica intervenuto il 21 luglio scorso alla Assemblea annuale di Federcasse), per il quale le BCC debbono erogare il credito per oltre il 50% a favore dei soci e per almeno il 95% all’interno della propria zona di operatività territoriale. La finalità lucrativa individuale è esclusa dai limiti normativi rigorosi alla distribuzione degli utili e dal principio di indivisibilità del patrimonio.

Le BCC debbono, infatti, destinare a riserva patrimoniale almeno il 70% degli utili netti annuali (nella prassi, tale limite è superiore al 90%), cosa che rappresenta la loro principale fonte di patrimonializzazione e che - in nessun caso - può essere destinato a favore dei soci. De facto, considerando altri obblighi normativi (es. destinazione di un ulteriore 3% degli utili netti annuali a favore dei Fondi Mutualistici per lo Sviluppo della Cooperazione), soltanto una quota inferiore al 2 per cento viene mediamente destinata alla remunerazione dei soci.

In aggiunta, per le BCC il conseguimento degli utili costituisce il raggiungimento dell’obiettivo economico d’impresa che, per quanto privato, si qualifica come di “interesse generale” determinando un maggiore patrimonio funzionale all’esercizio del credito ed allo svolgimento della relativa funzione sociale. In tale contesto – evidenzia la Memoria – “l’imposta straordinaria introdotta dall’articolo 26 del D.L. 104/2023 incide negativamente sul livello degli utili e, quindi, sulla capacità di auto-patrimonializzazione delle BCC e, di conseguenza, in base al meccanismo del moltiplicatore del credito, sulle future erogazioni di finanziamenti a soci e clienti dei rispettivi territori”.

Per quanto riguarda invece l’incremento del “margine di interesse”, Federcasse ricorda come quello realizzato dalle BCC “risulta determinato in misura maggiore dall’aumento dei proventi derivanti dai titoli di debito (tra cui i titoli di Stato), piuttosto che dall’attività di erogazione di finanziamenti a soci e clienti” e che “il margine di interesse è la principale fonte di reddito per le BCC che sono banche specializzate nella raccolta e negli impieghi alla clientela”. Ad oggi, precisa ancora la Memoria, oltre il 60 per cento della redditività delle BCC viene dal margine di interesse rispetto a circa il 40 per cento della media dell’industria bancaria, “conseguenza di un modello di business che privilegia il rapporto con il territorio (oggi, in Italia, una filiale bancaria su cinque appartiene ad una BCC) e con clientela imprese di piccole e medie dimensioni (molte pratiche di affidamento ma di piccole dimensioni)”.

E’ nel peculiare contesto fin qui illustrato che deve essere valutata la richiesta di Federcasse di escludere tout court le BCC dall’applicazione del tributo sugli “extraprofitti” che, altrimenti, penalizzerebbe significativamente l’unica fonte di capitalizzazione delle BCC (gli utili netti) e la relativa capacità di erogazione del credito, a danno delle economie dei territori supportate dal Credito Cooperativo. Federcasse chiede in aggiunta che, in sede di conversione del Decreto Legge si tenga conto di una peculiare situazione in cui si vengono a trovare le Capogruppo dei Gruppi Bancari Cooperativi, a causa della relativa operatività con le BCC aderenti.

Una situazione che, si legge nella Memoria, “genera un sostanziale doppio onere derivante da una duplice rilevanza di componenti reddituali costituenti base imponibile sia per le Capogruppo sia per le BCC” (il c.d. “double counting” evidenziato in precedenza). Da ultimo Federcasse sottolinea che alcune delle proprie considerazioni – “in particolare quelle connesse alla rilevanza della patrimonializzazione degli utili, ai fini della stabilità bancaria e della capacità di erogazione del credito - risultano valide anche per istituti bancari di piccole e medio-piccole dimensioni aventi natura bancaria diversa da quella di cooperativa a mutualità prevalente e che operano costantemente a supporto dei territori di riferimento, delle famiglie e delle piccole e medie imprese”.