Stefano Granata riconfermato presidente di Confcooperative Federsolidarietà
«Assistono 5 milioni di italiani. Sono state protagoniste nell’emergenza. Da anni suppliscono allo stato che non riesce più a garantire servizi di assistenza e presa in carico dei bisogni dei cittadini eppure la Pa non le premia tanto che vantano 2 miliardi di crediti nei confronti della Pubblica Amministrazione che per il 66% delle sue realtà non adegua le tariffe, nonostante siano trascorsi 3 anni dall’ultimo rinnovo contrattuale delle cooperative sociali. Mancato adeguamento che pesa per oltre 650 milioni di euro» (dati riferiti alle sole associate a Confcooperative fonte Cento Studi Confcooperative). Lo dice Stefano Granata, riconfermato alla presidenza di Confcooperative Federsolidarietà dall’assemblea dei circa 400 delegati in rappresentanza delle 6100 cooperative aderenti. E aggiunge «Nel giro di qualche tempo ci troveremo a rinnovare il contratto di lavoro e due amministrazioni su tre non avranno ancora riconosciuto il rinnovo precedente. Gli aumenti hanno finito per gravare solo sui bilanci delle cooperative, mentre nel privato questo riconoscimento è in atto: a fronte di servizi qualificati ci sono tariffe adeguate».
«I divari sia per l’assistenza della terza età sia nella fascia dell’infanzia sono tanti. Con il PNRR – aggiunge Granata – la vera sfida è infrastrutturare i servizi sociali dove non ci sono o non sono al passo con le esigenze delle famiglie per ridurre davvero le disuguaglianze. Servono partenariati tra il terzo settore e gli enti pubblici, riconoscendo la capacità innovativa della cooperazione sociale attraverso la co-programmazione sia a livello nazionale sia territoriale».
La mappa del bisogno: Terza età e cronicità (fonte Istat ultima rilevazione 2021)
Abbiamo 7 milioni di ultrasessantacinquenni, più di un anziano su due, che sono affetti da tre patologie croniche. Tra gli over85 la quota raggiunge i due terzi. Anche nella fascia 65-74 anni, le quote si confermano elevate (48,5% tra le donne e 39,6% tra gli uomini). Sono circa 3.860.000 gli anziani con gravi difficoltà nelle attività funzionali di base (il 28,4% della popolazione di 65 anni e più). Di questi, 2.833.000 (20,9%) hanno gravi difficoltà nel camminare, salire o scendere le scale senza l’aiuto di una persona o il ricorso ad ausili, 1.874.000 (13,8%) riferiscono gravi difficoltà nell’udito o nella vista anche con l’uso di ausili, 1.113.000 (8,2%) hanno gravi difficoltà nella memoria o nella concentrazione. In forte svantaggio le persone anziane che vivono nel Sud e nelle Isole. Gli anziani con gravi difficoltà nelle attività della vita domestica sono il 31,6% nel Sud e il 33,2% nelle Isole, contro il 20,9% nel Nord-ovest e il 21,9% nel Nord-est e il 23,4% nel Centro.
Oltre il 50% degli anziani riceve aiuto dai familiari non in maniera esclusiva, il 17% si avvale di personale a pagamento e il 6,4% riceve aiuto da altre persone (amici, associazioni di volontariato, ecc.). Nel complesso il 65,2% della popolazione over 65 con riduzione di autonomia non necessariamente grave, usufruisce di aiuti da parte di familiari, di persone a pagamento o di altre persone. Tra gli anziani che hanno gravi difficoltà nella cura personale (circa 1,5 milioni di persone), l’84,4% riferisce di ricevere aiuti dai familiari (conviventi e non). Questa percentuale è composta dal 51,9% che usufruisce solo dell’aiuto di familiari e dal 32,5% che viene supportato da familiari insieme ad altre persone. Riceve assistenza a pagamento il 35,8% degli anziani con grave riduzione dell’autonomia nelle attività essenziali di cura della persona. Si avvale di assistenza privata il 42,0% al Nord e il 26,6% nelle regioni del Sud e delle Isole.
In Italia, il 44,2% delle persone di 65 anni e più con gravi difficoltà dichiara di non avere adeguati ausili o assistenza. Nel confronto con altri paesi europei, l’Italia si colloca poco sotto la media dei paesi Ue22 (47,2%). Peggio di noi Croazia (71,0%) Bulgaria (67,5%), Romania (61,6%). Fanno meglio paesi come la Lettonia (23,4%), i Paesi Bassi (24,5%), Cipro (30,4%) e l’Austria (32,4%).
La mappa del bisogno: Servizi prima infanzia (fonte Istat ultima rilevazione 2021) Nonostante i segnali di miglioramento dal 25,5% dell’anno educativo 2018/2019 al 26,9% del 2019/2020, la percentuale di copertura dei posti rispetto ai residenti da 0 a 2 anni l’offerta si conferma ancora sotto il parametro Ue pari al 33% che rappresentava il target da raggiungere entro il 2010, stabilito nel 2002 in sede di Consiglio europeo di Barcellona, a sostegno della conciliazione vita – lavoro per la maggiore partecipazione delle donne al mercato del lavoro. Permangono ampi divari territoriali: sia il Nord-est sia il Centro Italia consolidano la copertura sopra il target europeo (rispettivamente 34,5% e 35,3%); il Nord-ovest è sotto, ma non lontano dall’obiettivo (31,4%) mentre il Sud (14,5 %) e le Isole (15,7%), pur in miglioramento, risultano ancora distanti dal target. Il Sud migliora ma si conferma il divario territoriale: la spesa procapite per un bambino residente va da 149 euro l’anno in Calabria (solo il 3,1% dei bambini fruisce dell’offerta comunale), a 2481 euro nella provincia autonoma di Trento dove i servizi comunali accolgono il 30,4 dei bambini sotto i 3 anni.
La mappa del bisogno: inserimento lavorativo, dall’economia circolare un volano per l’inclusione Nelle cooperative sociali di inserimento lavorativo gli occupati sono complessivamente oltre 65 mila, di cui oltre 18 mila svantaggiati (10.000 sono lavoratori con disabilità) e altri 12.000 sono lavoratori con situazioni di grave disagio sociale ed emarginazione. Nell’ultimo quadriennio i segnala una crescita sostenuta degli occupati nell’ambito dei servizi ambientali, del riciclo dei rifiuti, e nell’economia circolare.
I numeri di Confcooperative Federsolidarietà
Il sistema di 6.100 cooperative sociali, imprese sociali e consorzi di Confcooperative Federsolidarietà ha garantito servizi essenziali, anche nei periodi di lockdown, non lasciando indietro nessuno. I lavoratori superano complessivamente le 245 mila unità (+ 16.240 occupati nell’ultimo quadriennio).
Oggi complessivamente la cooperazione sociale di Confcooperative Federsolidarietà garantisce servizi di welfare a 5 milioni di cittadini, servizi all’infanzia a 180.000 famiglie, prestazioni sociali essenziali nel welfare in tutti i settori attraverso la gestione di centri diurni e strutture semiresidenziali, di strutture residenziali per disabili gravi e gravissimi, non autosufficienti, l’assistenza domiciliare e quella scolastica. Inoltre, negli ultimi anni sono molti i progetti di welfare innovativi dedicati al “Dopo di noi”, all’housing sociale.
Nelle cooperative sociali di inserimento lavorativo, infatti, gli occupati sono complessivamente oltre 65 mila, di cui oltre 18 mila svantaggiati (10.000 sono lavoratori con disabilità) e altri 12.000 sono lavoratori con situazioni di grave disagio sociale ed emarginazione. Il quadro occupazionale è incentrato prevalentemente sul contratto di lavoro a tempo indeterminato: il 73,3% degli occupati nelle cooperative aderenti attive a Confcooperative Federsolidarietà è dipendente con un contratto a tempo indeterminato (quasi tre lavoratori su quattro; incidenza in crescita rispetto al 2017). Il sistema Confcooperative Federsolidarietà promuove l’inclusione, la coesione sociale e la multiculturalità. Le donne raggiungono il 71,4% del totale tra gli addetti e il 41% nelle posizioni apicali. L’8,1% del totale dei lavoratori sono stranieri provenienti da paesi extra U.E.