Fedagripesca: i danni ambientali costano alla pesca italiana 200 milioni all'anno
I danni ambientali legati ai cambiamenti climatici costano alla pesca professionale italiana fino a 200 milioni di euro all'anno. Cifra destinata ad aumentare se si prendono in esame anche gli effetti dell’inquinamento. A stimarlo è Confcooperative Fedagripesca a margine di un tavolo di lavoro presso il ministero dell’Ambiente che ha visto coinvolte le principali associazioni di categoria sull’emergenza vongole in Alto Adriatico, in sofferenza per il fuoco incrociato del granchio blu – che depreda gli allevamenti – e dei banchi naturali di vongole che registrano anche un -90% di presenze a causa di eventi meteo estremi e del clima che cambia.
Un conto salato è quello che il settore paga al cambiamento climatico. “Le mareggiate e le tempeste sempre più intense – afferma Paolo Tiozzo, vicepresidente di Confcooperative Fedagripesca – danneggiano porti, reti e impianti di produzione. Le ondate di calore marine causano mortalità negli allevamenti di cozze e vongole, un settore in cui l'Italia è leader in Europa. Un solo evento può causare milioni di euro di danni diretti – prosegue Tiozzo”.
E le acque più calde mandano in crisi produzioni ittiche importanti come quelle di sardine e acciughe, che sono molto sensibili alle temperature. Senza dimenticare l’invasione di specie aliene, dal granchio blu al verme cane, passando per il pesce scorpione.
“I pescatori si trovano sempre più a dover fare i conti con un clima che cambia. La risposta deve essere duplice: mitigazione globale degli effetti e strategie di adattamento. Ma per far questo occorre un investimento importante nella ricerca scientifica. Per questo abbiamo chiesto al Mase un intervento in questa direzione nell’ambito del piano ripristino della natura che si pone un obiettivo ambizioso ovvero restaurare almeno il 20% degli ecosistemi terrestri e marini dell'UE entro il 2030 e tutti gli ecosistemi che necessitano di ripristino entro il 2050.”