Lavoro: Focus Censis Confcooperative, allarme occupati, nelle imprese 316mila posti vacanti, persi 28 miliardi, l’1,5% del PIL
MISMATCH, IL LAVORO C’È, MANCANO I LAVORATORI: conto salato per il paese, 28 miliardi, l’1,5% del PIL «Il lavoro continua a esserci, ma anche i lavoratori continuano a mancare e ciò non consente alle imprese di spingere sull’acceleratore così come potrebbero. Il Pil del 2023 avrebbe potuto raggiungere i 1.810 miliardi di euro se tutte le imprese fossero riuscite a trovare le figure professionali di cui hanno bisogno: 316.000 lavoratori. Conto salato per il paese, equivale a 28 miliardi di euro l’1,5% del Pil». Lo dice Maurizio Gardini, presidente di Confcooperative commentando “Lavoro, il mercato contorto: l’Italia alle prese con mismatch, demografia e grandi dimissioni” il focus Censis Confcooperative che stima gli effetti economici della mancanza di lavoratori, basata sulle posizioni lavorative e sul tasso dei posti vacanti nell’industria e nei servizi quantificabile, secondo stime Censis, in 27,8 miliardi di euro (tab. 1).
Invecchiamento degli occupati, squilibrio nella redistribuzione del lavoro fra le aree più dinamiche e quelle meno favorevoli, cambiamenti nelle aspettative che riguardano il lavoro e che rivendicano un maggiore riconoscimento delle competenze, sono tutti fattori che contribuiscono a mantenere “asincrono” l’incontro fra domanda e offerta di lavoro. Tutto questo determina un costo economico che, negli anni, tende a crescere nel 2021 il costo era dell’1,2% del PIL (235.000 lavoratori). Oggi è l’1,5% sul PIL (316.000 lavoratori).
Tab. 1 – Il costo economico del disallineamento fra domanda e offerta di lavoro. 2023
Tasso di posti vacanti II trimestre 2023 - Industria e Servizi (%) |
2,3 |
Valore del prodotto dei posti vacanti (mld €) |
27,8 |
PIL 2023 (mld €, ipotesi di crescita annua dello 0,8%) |
1.782 |
PIL 2023 + Valore posti vacanti (mld €) |
1.810 |
Valore posti vacanti sul PIL (%) |
1,5 |
Fonte: stima Censis
Nel secondo trimestre, rispetto a un valore medio del 2,3% per il totale di industria e servizi, nelle costruzioni la quota dei posti vacanti ha raggiunto il 3,1%, nelle attività dei servizi di alloggio e ristorazione il 3,7%. Sopra il dato medio si collocano anche le attività di informazione e comunicazione (2,9%), mentre meno critica appare la situazione nel manifatturiero (2,0%), nel settore energetico (1,2%), nei trasporti (1,4%).
GLI EFETTI DEMOGRAFICI SUL LAVORO: In 10 anni gli occupati over 50 sono aumentati di quasi 3 milioni, ma nello stesso periodo si è ridotta la componente più giovane dell’occupazione (15-34 anni). Nel complesso gli occupati con 15 anni e oltre sono comunque aumentati di circa 800mila unità fra il 2012 e il 2022, con un incremento del 3,6% (tab. 2).
Scomponendo il dato complessivo e prendendo in esame la classe degli “Over 50”, il fenomeno appare molto più marcato: fra il 2012 e il 2022 gli occupati “anziani” sono passati dai 6,3 milioni del 2012 ai 9 milioni del 2022. L’incremento è stato del 42,4%, tanto che oggi la classe d’età 50 e più rappresenta una quota pari al 39% sul totale dell’occupazione (era il 28,4% nel 2012).
Sempre nel 2022, risultavano ancora occupati 687 mila individui con un’età uguale o superiore ai 65 anni (over 65). Fra il 2012 e il 2022 la componente più anziana è, di fatto, cresciuta del 72,2%. Di riflesso, l’aspetto controverso di questo fenomeno riguarda, ovviamente, gli occupati più giovani. Fra il 2012 e il 2022 i 15-34enni occupati si riducono, in termini assoluti, di 361 mila unità; in termini relativi la variazione negativa è di 6,5%. La quota dei giovani fra gli occupati passa dal 25,1% del 2012 al 22,6%
Tab. 2 – Il lavoro invecchia. Occupati per classi d’età: confronto 2012 e 2022 (v. a. e var. ass. in migliaia, val. % e var. %)
Classi d’età degli occupati |
2012 |
2022 |
Var. ass. 2012-2022 |
Var. % 2012-2022 |
Val.% 2012 |
Val. % 2022 |
15 e oltre |
22.304 |
23.099 |
795 |
3,6 |
100,0 |
100,0 |
15-34 anni |
5.592 |
5.231 |
-361 |
-6,5 |
25,1 |
22,6 |
Over 50 |
6.324 |
9.003 |
2.769 |
42,4 |
28,4 |
39,0 |
|
413 |
687 |
298 |
72,2 |
1,8 |
3,0 |
Fonte: elaborazione Censis su dati Istat
GRANDI DIMISSIONI? NO MOBILITÀ INTERNA: “Grandi dimissioni”? No “mobilità interna” del mercato del lavoro. Nel 2022 il numero di lavoratori dipendenti che si sono dimessi è stato di 1.047.000. Di questi circa 700.000 si sono ricollocati nel giro di tre mesi (il 66,9% sul totale delle dimissioni volontarie (tab. 3). Un trend decisamente in rialzo rispetto all’era pre-Covid, quando nel 2019 le dimissioni volontarie interessavano poco più di 810.000 lavoratori, ma entro tre mesi se ne ricollocava il 63,2%, quasi -4% rispetto al 2022. Il tasso di ricollocazione tende a crescere, in linea tenendo il passo dell’aumento dell’occupazione che si è registrata negli ultimi due anni.
Tab. 3 – Aumenta la mobilità interna del lavoro. Dimissioni volontarie e ricollocazioni entro tre mesi. 2019-2022 (*) (v.a. in migliaia e val. %)
Indicatori |
2019 |
2020 |
2021 |
2022 |
N. lavoratori che si sono dimessi volontariamente |
810,6 |
696,7 |
924,0 |
1.046,9 |
di cui ricollocati entro tre mesi, in qualsiasi settore |
511,9 |
393,3 |
605,0 |
700,1 |
63,2 |
56,5 |
65,5 |
66,9 |
|
Non ancora ricollocati a tre mesi |
298,7 |
303,4 |
319,0 |
346,8 |
(*): Lavoratori dipendenti privati a tempo indeterminato con meno di 60 anni, esclusi operai agricoli e lavoratori domestici
Fonte: elaborazione Censis su dati Inps
Emerge un’accelerazione: molti lavoratori cercano un nuovo lavoro perseguendo migliori condizioni lavorative. Cambiano le motivazioni. Nel 2012 il 51,2% degli occupati a tempo indeterminato dichiarava di voler cambiare lavoro per guadagnare di più. Nel 2022 questa percentuale, pur restando la più elevata fra le motivazioni, si attesta a un livello molto più in basso: il 36,2%. Tra i motivi che inducono a cambiare lavoro c’è la ricerca di un lavoro più qualificante per le proprie capacità/competenze e con maggiori prospettive di carriera 36,1% (tab. 4).
Generalmente, chi cambia lavoro lo fa all’interno dello stesso settore di provenienza, sebbene il grado di “continuità” vari da settore a settore. Solo il 52,0%, infatti, risulta ricollocato dopo tre mesi nell’ambito delle attività Alloggio e ristorazione; relativamente bassa è anche la quota di ricollocati nel Tessile, abbigliamento e calzature (61,1%), così come nel Commercio (61,7%). Le quote più elevate di dimissionari che si ricollocano nel medesimo settore riguardano le attività dei settori: metalmeccanico (73,1%), costruzioni (73,1%), trasporti e comunicazioni (78,5%), fino all’altro terziario (79,0%) ambito pubblico e finanziario.
Motivazioni |
2012 |
2022 |
Teme di perdere l'attuale lavoro |
19,1 |
6,9 |
Considera l'attuale lavoro occasionale |
4,5 |
1,6 |
Guadagnare di più |
51,4 |
36,2 |
Raggiungere più facilmente il luogo di lavoro |
2,5 |
5,2 |
Orario più adatto a prendersi cura dei figli e/o di altri familiari |
1,8 |
4,5 |
Orario diverso per altri motivi |
1,3 |
2,9 |
Cerca un lavoro più qualificante per le proprie capacità/competenze e con maggiori prospettive di carriera |
13,1 |
36,1 |
Cerca un lavoro più adatto alle proprie condizioni di salute |
0,9 |
1,6 |
Altri motivi |
5,3 |
5,1 |
Totale |
100,0 |
100,0 |
Fonte: elaborazione Censis su dati Istat
Nel 2012, gli insoddisfatti del proprio lavoro rispetto alle competenze possedute era il 13,1%; dieci anni più tardi la percentuale ha raggiunto il 36,1%. Si riduce, invece, dal 19,1% al 6,9% la quota di chi è indotto a cercare un nuovo lavoro poiché teme di perdere quello attuale e ciò riflette anche il diverso clima che caratterizzava il 2012, anno di forte crisi economica, rispetto al 2022, anno particolarmente positivo per l’occupazione.