Contro lo Stato padrone, Amato denuncia i rischi di un ritorno dello statalismo
«Se fotografo i rapporti che oggi vedo fra lo Stato e l’economia e li confronto con quelli che ho vissuto e che ho contribuito a creare, la differenza che noto è grandissima». A constarlo è uno dei protagonisti della storia politica e istituzionale italiana, Giuliano Amato che riflette su come oggi – in un mondo indebolito dalle crisi e sollecitato da grandi trasformazioni – sia illusorio pensare che il mercato possa da solo trovare soluzioni.
Lo fa in un saggio appena uscito da Il Mulino, "Bentornato Stato, ma" di cui consigliamo la lettura, fosse non altro per la piena sintonia che c'è tra il pensiero espresso dal presidente della Corte Costituzionale e gli allarmi più volte lanciati dal presidente Gardini sul ritorno di un eccesso di protagonismo del pubblico nell'economia.
"Ci fa piacere - sottolinea Gardini - condividere quella che consideriamo una delle nostre battaglie culturali, con un personaggio del calibro del presidente Amato tra i principali protagonisti della storia della nostra Repubblica negli ultimi decenni. Guai ad assecondare, quella che considero uno dei rischi maggiori dello statalismo, il tentativo di riconquista della scena da protagonista indiscusso dello Stato nell'economia. La sussidiarietà è uno principi garantiti dalla nostra Carta costituzionale e come tale va garantito e valorizzato"
Mentre in passato il ritorno allo Stato ha significato debito pubblico, inefficienza e corruzione, oggi lo Stato torna protagonista come investitore nelle imprese della crescita di domani e come Stato «provvidenza», capace di interventi che mai avevamo visto prima. Che cosa ha provocato un mutamento così profondo? È possibile oggi uno Stato promotore, dove l’utilità dell’intervento pubblico possa resistere alle patologie e alle storture che aprirono la strada al neoliberismo? Domande a cui Amato cerca di rispondere nella sua ultima fatica editoriale.