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Allarme dazi: Gardini, nell'agroalimentare riduzione 10% export metterebbe a rischio 5mila occupati

Il nuovo quadro geopolitico che si va delineando dopo le prime scelte dell’amministrazione Trump gettano ombre sul futuro dell’agroalimentare italiano. Il Centro Studi di Confcooperative stima che l'introduzione di dazi doganali sul made in Italy comporterebbe un immediato aumento dei prezzi dei prodotti italiani sul mercato USA, con una probabile riduzione delle esportazioni stimabile tra il 15-30% per prodotti chiave come vino, olio d'oliva, formaggi DOP, ortofrutta, prodotti trasformati come il pomodoro e pasta. «Questo potrebbe tradursi in una perdita di fatturato per il settore di circa 1,5-2 miliardi di euro annui, considerando che gli USA rappresentano il terzo mercato di destinazione dell'export agroalimentare italiano con un valore di circa 6 miliardi di euro». Lo dice Maurizio Gardini al Fruitlogistica di Berlino.

«Le piccole e medie imprese agroalimentari sarebbero tra le più colpite, poiché hanno minore capacità di assorbire l'aumento dei costi o di diversificare rapidamente verso altri mercati. Si stima che circa il 30% potrebbe dover ridurre la produzione e l'occupazione, con particolare impatto sui distretti alimentari specializzati su formaggi e vini. L’export - sottolinea il presidente di Confcooperative – è un volano importante della nostra economia soprattutto alla luce della contrazione dei consumi interni. Le imprese per fare margine hanno investito su aggregazione, export e internazionalizzazione. Fare più export per remunerare al meglio i produttori e il territorio».

Al danno, inoltre, si aggiungerebbe la beffa, «l'effetto dei dazi, infatti, rischierebbe di favorire il fenomeno dell'Italian Sounding – aggiunge Gardini – da parte di aziende americane o internazionali. Con prezzi più alti per i prodotti originali italiani, i consumatori americani potrebbero orientarsi verso alternative locali che imitano i nostri prodotti, danneggiando ulteriormente il valore del Made in Italy e la sua reputazione sul mercato internazionale».

La filiera produttiva italiana subirebbe contraccolpi a catena: dagli agricoltori ai trasformatori, fino alla logistica e alla distribuzione. Si stima che per ogni 10% di riduzione dell'export verso gli USA, si potrebbero perdere circa 5.000 posti di lavoro nell'intera filiera agroalimentare, con effetti particolarmente severi nelle regioni a forte vocazione export come Emilia-Romagna, Veneto e Piemonte.

«Quello dei dazi – conclude Gardini – è un tema che va affrontato a livello comunitario per avere un maggiore peso negoziale. Oltre alla negoziazione diretta la Ue dovrebbe prevedere inoltre l’attivazione di sostegni economici per le aziende colpite dai dazi, aiutando a mitigare l'impatto economico sulle imprese italiane del settore agroalimentare».